Richard Wagner: Preludio da Tristano e Isotta
Organico dell’orchestra: 3 flauti, 2 oboi, corno inglese, 2 clarinetti, clarinetto basso, 3 fagotti, 4 corni, 3 trombe, 3 tromboni, basso tuba, timpani, arpa, archi.
Richard Wagner (1813 – 1883) svolse un soggetto tratto da antichi miti medievali sul tema – fatto proprio dal Romanticismo – dell’impossibilità di raggiungere in vita l’appagamento della passione amorosa, e della conseguente necessità per gli amanti di cercarne la realizzazione nella morte, che diventa così liberazione ed eterno rifugio.
Il lavoro, in tre atti, fu eseguito per la prima volta nel 1865 dopo una lunga gestazione; una sorta di studi preliminari possono essere considerati i cinque Wesendonk-Lieder per canto ed orchestra, che Wagner scrisse fra gli ultimi mesi del 1857 e i primi del 1858.
Nella costruzione della melodia, che non serve più per comporre in forma “chiusa”, ma viene pensata come asservita alla forma “aperta” (melodia infinita), l’Autore impiega la tecnica del Leitmotiv, consistente nell’associare ad ogni entità di rilievo sul piano drammatico – sia questa rappresentata da un personaggio, da un sentimento o anche da un oggetto – un’idea musicale diversa, che con la sua potenza evocativa conduca immediatamente l’ascoltatore nella situazione psicologica voluta. Talvolta i Leitmotive sono rappresentati anche soltanto da pochissime note; altre volte sono di dimensioni maggiori e possono anche trovarsi uniti fra loro.
I Leitmotive (il temine è dovuto a Hans von Wolzogen; Wagner li definiva Grundtheme) presenti nel Tristano e Isotta sono una cinquantina e i commentatori non sono concordi sui nomi con i quali li identificano. Di seguito se ne indicano alcuni presenti nel brano in esame.
[N.B.: negli esempi seguenti la numerazione di battuta è riferita alla prima volta che il tema si presenta].
5 Tema del filtro di morte (ed. bassi)
7 Tema dell’ebbrezza del filtro
Se dal punto di vista melodico la tecnica impiegata è di grande raffinatezza e complessità, sul piano formale il Preludio non presenta particolarità di rilievo, trattandosi in sostanza di una forma A-B-A, con una seconda parte elaborativa (da battuta 63) in cui il tratto più evidente è dato dalle scale ascendenti affidate agli archi, e una Ripresa (in un pianissimo che persisterà fino al termine del brano) alla battuta 85.
Un’altra spinta innovatrice all’evoluzione del linguaggio si riscontra sul piano armonico. Benché tutto il Romanticismo sia andato nel verso di passare dal diatonismo dei classici ad un uso del cromatismo sempre più presente (il riferimento più immediato è al pensiero armonico di un autore come Chopin, specialmente se si considerano lavori come il secondo Preludio dell’op. 28 o il quarto movimento della Sonata in SIb minore, op. 35), è con Wagner che si arriva al coronamento di questo processo.
Il termine cromatismo ha senso solo se ci rapportiamo ad un pensiero di estrazione classico-romantica, ad un’idea tonale della musica. La scala musicale – la struttura basilare con la quale si creano melodie e armonie – è composta da sette suoni detti diatonici; Creare una scala significa così prendere soltanto sette dei dodici suoni (il cosiddetto “totale cromatico”) effettivamente presenti nel nostro sistema temperato. I cinque che vengono esclusi sono detti suoni cromatici e sono estranei alla tonalità determinata dalla scala alla quale il compositore sceglie di volta in volta di far riferimento. Se occasionalmente, nella costruzione armonica, si utilizza qualche suono cromatico in sostituzione di un suono diatonico, si dice che si crea un accordo cromatico. L’uso di questo tipo di accordi ovviamente non è estraneo al Settecento classico ma per lo più vengono utilizzati con molta circospezione, principalmente come arricchimento di un giro cadenzale, per evitare di perdere di vista il fulcro della tonalità. Ma quando i compositori cominciano ad impiegare sempre con maggior frequenza i suoni cromatici – sia negli accordi che nelle note estranee (appoggiature, note di passaggio, di volta) – il senso della tonalità è a rischio, e l’ascoltatore, al quale per forza di cose è richiesta maggiore attenzione e concentrazione, può rimanere disorientato e non individuare facilmente i centri tonali del brano. E’ proprio ciò che è accaduto gradualmente nell’Ottocento romantico e che Wagner porta alle conseguenze estreme. Nel Tristano egli impiega in modo sistematico questi procedimenti, tanto che i commentatori – soprattutto riferendosi all’armonia della seconda battuta del pezzo, detta per questo, in gergo, l’accordo del Tristano – sono concordi nel far partire da quest’opera il cammino che da lì a qualche decina d’anni – travagliatissimi, da questo punto di vista – porterà al superamento della tonalità e al concetto di musica moderna in senso novecentesco.
[N.B.: per favorire la lettura si riporta la trascrizione pianistica in luogo della partitura orchestrale].
Il brano comincia in LAminore con la sfuggente citazione della Tonica (appena una croma in levare) e con una sola linea melodica esposta dai violoncelli in pianissimo (il resto dell’accordo è sottinteso), che si collega alla fondamentale del VI. Su questa nota (che prende cinque sesti della battuta e che risulta pertanto lunghissima, in quanto l’indicazione agogica è Lento e languido) Wagner prescrive un crescendo di così grande effetto, che Hermann Scherchen lo cita come esempio per spiegare il crescendo espressivo nel suo manuale di direzione d’orchestra (“La dinamica – prescritta con assoluta precisione dall’autore – è giustificata dall’immagine psicologica che simbolizza il doloroso anelito e la rinuncia.” H. Scherchen, Lehrbuch des Dirigierens, Mainz, 1929).
L’accordo del Tristano, il primo dato in forma completa (cioè senza note sottintese) di tutta la composizione, è da considerarsi un II grado – in quadriade, con terza maggiore, quinta diminuita e settima minore, di per sé non nuovo nel panorama dell’armonia classico-romantica (anzi, nella forma con la quale si presenta in questo caso, cioè in Secondo Rivolto, è detto tradizionalmente “accordo di Sesta eccedente Francese”), costituito dalle note SI-RE#-FA-[LA] – che va al V grado (peraltro la successione armonica II-V è fra quelle più usuali nella tradizione, tanto che in certi trattati si trova inserita fra i collegamenti principali negli accordi di moto); il lungo SOL# che compare sul battere della misura deve essere inteso quindi come appoggiatura del LA. Questo sovradimensionamento del SOL# ha indotto alcuni commentatori a pensare l’accordo come costruito sul VII grado. D’altra parte Wagner usa altre volte note estranee – come appunto le appoggiature – tradizionalmente utilizzate in forma melodica (e quindi con andamento piuttosto rapido) – in modo accentuatamente dilatato, proprio con l’evidente intento di creare forti tensioni emotive. In misura minore – e proprio per questo l’interpretazione qui non è mai stata controversa – lo fa subito dopo per andare al V grado di LAminore (il LA# appoggia il SI) e terminare in cadenza sospesa. Nelle battute successive c’è una semplice ripetizione del passaggio, ma in altra tonalità (DOmaggiore); anche qui si termina in cadenza sospesa, ma né questa volontà di evitare la conclusione (in effetti finché l’ascoltatore non sente un V-I il senso della tonalità non è ancora chiaro) né l’osservazione che già nelle prime sette battute è presente il totale cromatico offerto dal temperamento (che più oltre, come si vede dall’esempio sotto riportato, si esaurisce in spazi ancora più brevi) deve indurre a pensare il brano in una luce ancor più profetica, poiché le sequenze armoniche che Wagner impiega rimangono vincolate al flusso costante della gravitazione attrattiva determinata dalla scala dinamica (I-VI-IV-II-VII-V), il vero elemento comune a tutti gli stili fondati sul sistema tonale.
Richard Wagner (1813 – 1883): Preludio atto I da Tristano e Isotta
Tristan und Isolde – Preludio atto I
Carlo Deri, 2004
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Il testo della presente analisi – qui riportato con il gentile permesso dell’Editore – è stato pubblicato in Renzo Cresti: Ipertesto di Storia della Musica, Edizioni Feeria, San Leolino, Panzano in Chianti, 2004 e in Renzo Cresti: La Vita della Musica, Edizioni Feeria, San Leolino, Panzano in Chianti, 2008 http://www.renzocresti.com/dettagli.php?quale=9&quale_dettaglio=42
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