Le origini della Sequenza sono molto controverse. Tradizionalmente si assegna un ruolo fondamentale ad un monaco benedettino dell’Abbazia di San Gallo – Notker Balbulus (ca.840-912) – che ne avrebbe elaborato la struttura basandosi su esperienze maturate precedentemente dai monaci dell’abbazia francese di Jumièges. In pratica, applicando un testo letterario al lungo vocalizzo sull’ultima sillaba degli Alleluia si creavano canti nuovi, sillabici (peraltro più facili da memorizzarsi rispetto ai giubili alleluiatici originari), ma con melodia particolarmente interessante, proprio perché derivata da melismi, ossia da elementi che avevano ragione di esistere unicamente in funzione del loro valore musicale.

L’autore del testo di Victimae paschali laudes – Sequenza per la Messa di Pasqua, una delle quattro rimaste nella liturgia dopo il Concilio di Trento (la quinta, lo Stabat Mater, verrà poi introdotta nella liturgia da Benedetto XIII nel 1727) – sarebbe il monaco Wipo (o Vipone) vissuto fra il 1000 e il 1046, cappellano presso gli imperatori Corrado II ed Enrico II.

Il testo nelle strofe 4, 5, 6, 7 possiede nel dialogo fra la Madonna e Maria Maddalena anche una dimensione evocativa che ha dato spunto per la creazione di alcuni Drammi liturgici. Di seguito si riporta il testo con la traduzione a fronte; le lettere dell’alfabeto sono riferite alla melodia.

I

A

Victimae paschali laudes immolent Christiani. Alla vittima pasquale innalzino lodi i Cristiani.

II

B

Agnus redemit oves: Christus innocens Patri reconciliavit peccatores. L’Agnello ha redento le pecore: Cristo innocente ha riconciliato al Padre i peccatori.

III

B

Mors et vita duello conflixere mirando: dux vitae mortuus, regnat vivus. La morte e la vita hanno combattuto in un mirabile duello: il signore della vita è morto, [ma] regna da vivo.

IV

C

Dic nobis Maria, quid vidisti in via? Dicci Maria, che cosa hai visto sulla via?

V

D

Seplulcrum Christi viventis, et gloriam vidi resurgentis: Il sepolcro del Cristo vivente, e la gloria del risorto:

VI

C

Angelicos teste, sudarium, et vestes. Gli Angeli testimoni, il sudario e le vesti.

VII

D

Surrexit Christus spes mea: praecedet suos in Galileam. Cristo mia speranza è risorto: precede i suoi [discepoli] in Galilea.

VIII

E

Scimus Christum surrexisse a mortuis vere: tu nobis, victor Rex, miserere. Amen. Alleluia. Sappiamo che Cristo è veramente risorto dai morti: tu Re vittorioso, abbi pietà [di noi]. Amen. Alleluia.

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 Victimae Paschali Laudes

Varie sono le teorie che nel corso degli anni si sono sovrapposte e talvolta integrate per cercare una spiegazione al fenomeno della nascita della polifonia. Tralasciando la teoria naturalistica (detta anche “teoria della fusione”), basata sugli esperimenti di psicologia percettiva di Hermann Helmholtz (1863) che vorrebbe legato il fenomeno alla differente percezione dei suoni armonici, collegando quindi l’evoluzione in senso estetico del fatto musicale ad un qualcosa di fisico, di concreto – teoria affascinante, ma che presenta lacune e incongruenze – fra le teorie più plausibili bisogna considerare quella che parte dall’osservazione che le principali categorie con le quali si è soliti catalogare la voce umana (soprano, contralto, tenore e basso) hanno i rispettivi registri distanziati tra loro all’incirca di una quinta. Secondo i sostenitori di questa tesi sarebbe stato naturale cantare lo stesso testo musicale (con l’intento di abbellirlo, di ripensarlo in una forma nuova) per intervalli paralleli di quarta giusta o di quinta giusta. In effetti, se confrontiamo questo dato con la nascita delle prime forme polifoniche, troviamo più che qualche rispondenza.

La più antica forma polifonica della quale ci rimangono testimonianze scritte, nella musica occidentale, è l’Organum, sviluppatosi fra il IX e il XIII sec. Il procedimento per la composizione di un Organum consiste, in sostanza, nel prendere una melodia gregoriana preesistente (detta per questo Vox principalis) e contrappuntarvi nota contro nota un’uguale melodia, ma a distanza fissa (per questo si parla di parallelismo) di quarta o di quinta (in origine si prediligeva la soluzione che prevedeva l’aggiunta di una melodia una quarta sotto alla Vox principalis ); la voce aggiunta veniva detta Vox organalis.

Una forma un po’ più evoluta di Organum è il Discanto, che si differenzia da quello per una maggiore varietà intervallare. La condotta delle parti – che procedono anche per moto contrario – è comunque analoga.

Qui sotto si riportano due frammenti di questa Sequenza in forma di Discanto, come si trova in un codice del monastero benedettino di Las Huelgas a Burgos, redatto agli inizi del Trecento.

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Victimae Paschali Laudes (Discanto)1

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Victimae Paschali Laudes (Discanto)2

Carlo Deri, 2004

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Il testo della presente analisi – qui riportato con il gentile permesso dell’Editore – è stato pubblicato in
Renzo Cresti: Ipertesto di Storia della Musica, Edizioni Feeria, San Leolino, Panzano in Chianti, 2004 e in
Renzo Cresti: La Vita della Musica, Edizioni Feeria, San Leolino, Panzano in Chianti, 2008
 
http://www.renzocresti.com/dettagli.php?quale=9&quale_dettaglio=42